San Giacomo

Antica Chiesa con fondamenta romaniche e presenza di tombe ipogee. Notevole il cinquecentesco coro ligneo con 20 stalli, restaurato nel 2014, gli affreschi della cappella di San Giacomo e l’affresco della Madonna col Bambino (1537). Si noti sul sagrato (fino al 1950 all’interno) il sarcofago in serizzo contenente un tempo il corpo di un notabile e monete cinquecentesche dell’epoca di Carlo V, di fianco a mezzo coperchio di un altro sarcofago. La leggenda locale vuole che all’interno fosse custodito il corpo di San Giacomo, che Sant’Eustorgio trasportò da Gerusalemme a Santiago de Compostela. Accanto si erge la colonna in memoria della scampata peste del 1630. All’interno sono presenti antiche lastre tombali e sulla parete del campanile, in sacrestia, si trova il più antico affresco della Chiesa, raffigurante un santo con aureola. Di pregevole fattura è la Pietà del 1577 a destra dell’altar maggiore, con paliotto in scagliola di marmo.

La leggenda narra che, transitando l’Arcivescovo di Milano S. Eustorgio nel 512 nei pressi di Zibido, depose il corpo di S. Giacorno Apostolo. Per l”occasione venne costruito un santuario attorno al quale, per l”arrivo di pellegrini, si aggiunse un gruppo di case. La storia comunque ritiene molto antico il tempio, forse di epoca paleocristiana almeno in quanto a fondazione, fu chiesa sussidiaria di Zibido, più antica, che apparteneva alla pieve di Decimo. In questa chiesa si inserì la leggenda della sepoltura del corpo di S. Giacomo Apostolo, ma non si sa bene come.

Distaccatasi la chiesa dalla pieve di Decimo, nel Quattrocento divenne parrocchia. Quando i Padri Carmelitani di Mantova ottennero nel 1517 il permesso dalla S. Sede di fondare un convento in luogo, la chiesa era già  parrocchiale e questo lo afferma la Bolla Pontificia. Caso più unico che raro per quei tempi, una parrocchia affidata a sacerdoti secolari divenne cura d”anime a carico di religiosi. Un documento del 1568 descrive minuziosamente la parrocchia:

” 3 agosto 1568… in p( rima) vi ਠS. Jacopo cura principal nella quale se vi stano due religiosi omaneti. Duoi celebrati, uno parochiano l”altro coaiuto et doi gnesi (chiese) se vi contiene i cappelle con XI altari et uno scuriolo et tutto i bellissimo volta; pur ਠsenza beneficio. Il tutto dal levante vi cohra Zibid distat la mità  d”un miglio; dal megio dì ਠPioltino nella sudetta distanza, ad occidente… dista un migliarolo. Vi ਠuna belliss sacristia co” il suo campanile sop il quello vi sono due ottime campane et ha la sudetta cura cinq terre qual qui sottoscritte:

– S. Jacopo cure ia tera appo la chiesa parochial nel territorio vi sono numero di fuochi 8 le persone sono numero 55. Di quelle comunis n. 36, i quali non se comunicano sono i numero ai 9… “.

Continua il documento a parlare delle chiese succursali di cui una dedicata a S. Ambrogio, a circa un quarto di miglio dalla parrocchiale, con 88 persone residenti. Un”altra cappella, sempre dedicata a S. Ambrogio, era a Famegro e gli abitanti erano 126. A Vigoncino i residenti erano 143.

In tutto i parrocchiani erano 521 compresi anche nelle cascine senza chiesa. Proseguiva poi il parroco, Fra Angelo Perreto: ” … già  nella sudeta parrocchia vi sono due suddete scole, una dil SS. Sacramento, l”altra della S.ma Vgene et Mre di Jesù.Nella prima vi sono hmi 49 e donne 68, nella sda vi sono hoi 21 donne 54. La prima fa la sua procesione intorno alla piazza qual ਠsituata avanti la soprascritta chiesa. La sda la fa nel medesimo luoco… “.

In quella relazione ed in un”altra, molto meno precisa, si conosce che Gio Angelo Fenino di Vigonzino aveva assalito a colpi di pugnale un abitante di Binasco e che quindi non era ammesso ai sacramenti. Nella relazione del maggio 1568 si dice che le cappelle erano 4 e precisamente a Viano, Femegro, Madrugno e Vigonzino.

La parrocchia comprendeva le cascine di Vigonzino, Mandrogno, Mainardi, Femegro, Viano e Malpaga. Confinava con quella di Badile, Conigo, Mairano, S. Pietro Cusico e Zibido.

I paesi di Conigo e Mairano appartenevano alla pieve di Rosate. Una relazione del 1573 ci presenta una pianta della chiesa, probabilmente ingrandita ed abbellita dopo l”arrivo dei Carmelitani: ” Fatta tutta quanta in volta de muro biancato in trei nave… di dentro sono 6 pironi che contengono sei cappelle co li suoi altari in volta, cò quattro lunetti depinti. Li altari sono come si colnclusa pianta. Il campanile nell”ingresso alla sacrestia… il battistero ਠaccomodatora psso un pirono detro all”ingresso… no vi ਠcimiterio “.

Nella pianta si può notare il convento costruito a retro del tempio, si notano ampi saloni ed una probabile stalla distaccata dal resto dell”edificio. L”ingresso dei frati nella chiesa avveniva per mezzo di un corridoio situato alle spalle dell”abside laterale destro comunicante con la sacrestia, che aveva una porta che si apriva sul coro dietro l”altare maggiore. Gli altari erano sette, ma molto probabilmente il disegnatore indicò come altare anche il battistero.

Ci sono tre ingressi, non viene menzionata l”arca dei presunti resti di S. Giacomo.

Attualmente la chiesa ਠstata restaurata e ne vennero alla luce dipinti di Bernardino Luini raffiguranti s. Alberco e S. Giacomo. Ottimo dipinto quello della Madonna datato 1537. Nell”abside il simbolo dei Carmelitani finemente intarsiato. Nel 1573 non c”erano tombe nella chiesa. In quell”anno sorse una lite tra i P. Carmelitani e Gio Battista Osio, proprietario dell”osteria situata sulla piazza davanti alla chiesa. L”Osio organizzava balli sul piazzale ed i Padri tramite il Vicario Criminale l”avevano diffidato a proseguire, diversamente avrebbe dovuto pagare una ammenda di 50 scudi. Il padre di Gio Battista, Arcangelo Osio, aveva vantato circa 40 anni prima i diritti di proprietà  della piazza, protestando contro i frati perché avevano tagliato i rami ad alcuni olmi esistenti in essa. I frati avevano portato in giudizio tale Angelo Mainaldo che, deponendo in giudizio la sua versione, ci ha dato notizie interessanti al riguardo lo sviluppo del tempio. Costui asserì che il cimitero esistente davanti alla chiesa era stato dissepolto per l”ampliamento del tempio, proprio dopo l”arrivo dei frati. Venne anche a risultare che sul luogo c”era una vecchia chiesa.

Nel 1591 il prevosto di Lacchiarella viene a far visita per controllare se gli ordini di S. Carlo del 1573 erano stati osservati e precisamente se era usato il rito ambrosiano dai frati, se era restaurato il battistero ed era collocato il lavandino in sacrestia. Nella relazione di Mons. Bracciolino del 1597 si parla ancora di questi vecchi argomenti, si dice che davanti alla chiesa funzionava il cimitero, gli abitanti erano circa 400, vi erano le scuole del S. Rosario e del SS Sacramento, quest”ultima istituita da S. Carlo nella sua visita pastorale del 1573.

Il visitatore si recava a Vigonzino a visitare la chiesa di S. Teodoro nella quale non si celebrava, visitava pure le chiese di S. Ambrogio e di S. Bartolomeo in Viano che trovavano molto ben tenute, in esse si recavano i frati per celebrare le messe.

Pochissimi i legati, tra cui uno in suffragio di certo Scaccabarozzi morto nel 1582. La parrocchia rimase in mano dei Carmelitani fino al 1770, quando il convento fu soppresso dall”Imperatore Giuseppe II d”Austria. Alla partenza dei frati si pensò di aggregare la comunità  a Zibido, ma venne lasciato in luogo il frate che era parroco. Alla sua morte nel 1801 si ripropose il problema, ma il parroco di Zibido non ne volle sapere, allora la Curia inviò un sacerdote secolare che la prese in consegna dopo quasi trecento anni di esercizio regolare dei Carmelitani. Questi trovò 430 anime ad attenderlo, una popolazione contadina che ogni anno ruotava anche se come quantità  era sempre uguale; infatti nel 1723 erano 431 parrocchiani, divisi in 82 famiglie, nel 1750 erano 446, nel 1790 erano 440. Come in tutti i luoghi qui la mortalità infantile era rilevante.